Velocita' radiale

Metodo della velocità radiale

La tecnica indiretta della velocità radiale per l’individuazione di esopianeti rappresenta il passo successivo dell’astrometria. Sappiamo quanto è difficile misurare con esattezza la varizione di posizione di una stella in cielo, ma gli astronomi sono in grado di sfruttare ugualmente le perturbazioni gravitazionali indotte dal pianeta sulla stella ospite effettuando non misure di posizione, bensì sfruttando le variazioni di velocità indotte sulla stella ospite.

Il principio base su cui poggia il metodo della velocità radiale risiede nell’effetto Doppler, ovvero il cambiamento di frequenza dovuta ad una sorgente in movimento rispetto all’osservatore.

Spesso i due termini vengono scambiati fra loro, ma in realtà identificano la stessa procedura.

L’esempio dell’ambulanza per spiegare l’effetto Doppler Fonte: https://www.frascatiscienza.it/2013/12/e-on-line-la-19-puntata-di-radioscienza-leffetto-doppler

Abbiamo visto come la soluzione del problema di Keplero nel caso di due corpi (stella ed esopianeta) sia due ellissi; se consideriamo la proiezione dell’orbita lungo la linea di vista dell’osservatore si nota che la stella ospite si avvicina e si allontana da Terra, di conseguenza, le sue linee spettrali si sposteranno verso il blu (quando si avvicina) o verso il rosso (quando si allontana) in maniera periodica.

Il primo a proporre questo tipo di metodo fu Otto Struve (1897 – 1963), ma come spesso accade, con la tecnologia del tempo gli errori di misura e i limiti tecnologici rendevano impossibile sfruttarlo per l’osservazione di pianeti extrasolari; bisognava aspettare. Il primo esopianeta ad essere scoperto con effetto Doppler fu \gamma Cephei (Alrai) nel lontano 1988; ma sebbene nuove misure misero in discussione tale scoperta, solo nel 2000 si ebbe la conferma che effettivamente si trattava di un esopianeta (Alrai ab) di circa di 1,5 masse gioviane. Fu quindi nel 1995 che Mayor e Queloz scoprirono il primo vero esopianeta con questa metodologia: 51 Pegasi b. Oggi (2018) la tecnologia è ancora migliorata: lo spettrografo cileno HARPS (High Accuracy Radial velocity Planet Searcher), operativo dal 2002, è in grado di misurare, per confronto con spettri di riferimento, misure di velocità radiali (e quindi varizioni di velocità della stella ospite) inferiori a 1 m/s (3,6 Km/h), ovvero una frazione millesima di pixel di una immagine CCD.

Valori così piccoli di velocità sono del tutto plausibili; per capire come si possa raggiungere precisioni estreme si osservi la seguente figura:

I principali parametri orbitali di un corpo celeste (Fonte: vedi riferimenti)

Essa illustra i principali parametri di riferimento orbitali di un piano orbitale (inclinato) di un corpo celeste (pianeta) rispetto al cielo (piano tangente alla sfera celeste). Entrando in dettaglio, definiamo i parametri principali e le ipotesi di lavoro:

  • l’osservatore si trova in basso e guarda il disegno lungo l’asse z
  • la lettera N indica il nodo ascendente (notare il pano orbitale che attraversa il piano celeste dal basso a sinistra all’alto a destra)
  • la lettera \gamma indica il nodo ascendente.
  • la lettera (ω \pi) indica l’angolo fra il punto di massimo avvicinamento alla stella (pericentro) e il punto in cui il corpo nel suo moto attraversa il piano di riferimento da Sud a Nord (nodo ascendente). La differenza rispetto a \pi indica che l’orientazione è opposta alla direzione dell’asse x.
  • I è l’inclinazione del piano orbitale rispetto piano di riferimento celeste (eclittica)

Usando questo sistema di coordinate, si possono calcolare le componenti dei vettori del piano orbitale lungo la base vettoriale (i, j, k) degli assi coordinati (x, y, z). La soluzione porta a tre formule poco utili ai nostri fini, quindi di solito si preferisce applicare una trasformazione di coordinate per ottenere le stesse espressioni in termini (v, \theta), ovvero velocità e vettore angolare posizione (più semplici da usare).

La soluzione delle equazioni è la tupla (vx(\theta), vy(\theta), vz(\theta)) ove le tre componenti hanno le seguenti espressioni:

component_x

component_y

component_z

Dove \theta è la posizione corrente del pianeta lungo la sua orbita nel tempo (ovvero \theta (t)): un’orbita completa corrisponde ad una variazione di \theta di 360°. Il parametro a è, come sempre, il semi asse maggiore mentre P è il periodo (che è possibile calcolare in base alla periodicità dello spostamento delle righe spettrali).

Inoltre :

  • dato che in questo sistema di riferimento inerziale il baricentro rimane fisso, possiamo affermare che la distanza del pianeta e della stella variano in maniera proporzionale in funzione delle due masse Ms (massa della stella) e Mp (massa dell’eso pianeta).
  • ai fini del procedimento solo la componente del moto lungo la direzione di osservazione contribuisce all’effetto doppler, ovvero visto che l’osservatore guarda dal basso lungo la direzione z, consideriamo il solo contributo vz.

Aggiungendo le due precedenti considerazoni nella soluzione (v, \theta), possiamo calcolare l’ampiezza finale della variazione di velocità radiale (Vz) in funzione di vz e delle masse del sistema. Si ottiene:

La varizione dello spostamento Doppler è data dalla nota formula:

Dove c e la velocità della  luce, \Delta \lambda è la variazione della lunghezza d’onda a seguito dello spostamento dello spettro ed infine \lambda (t) è il valore della lunghezza d’onda misurata spettroscopicamente a riposo. Possiamo sostituire quindi tutte le variabili note nelle equazioni precedenti e ricavare per inversione il valore di Mp(la massa dell’esopianeta).

Le formule precedenti ovviamente forniscono solo il valore minimo della massa dell’esopianeta.

Per avere un’idea dell’ordine di grandezza delle misure di velocità, applichiamo per esempio la formula precedente al Sistema Solare per capire le variazioni di velocità che i pianeti impongono al Sole (trascurando sempre l’effetto degli altri N-1 pianeti):

Pianetaa (Km)M(Kg)M(1030Kg)eP (giorno)Ae (m/s)
Terra1,496 x 1085,972 x 10241,9890,0173658,95 x 10-2
Giove7,784 x 1081,899 x 10271,9890,0484332,55012,5
Saturno14,3353 x 1095,68 x 10261,9890,056510767,52,77

La Terra è riportata solo per confronto, comunque si nota come Giove imponga al Sole una variazione di velocità radiale di circa 12,5 m/s, mentre Saturno (più lontano e più piccolo) di 2,7 m/s.

Il problema inizia a diventare più complesso quando ci sono n esopianeti che orbitano intorno alla stella ospite: in questo caso ogni pianeta aggiunge il suo contributo all’ampiezza Ae, e la formula si complica un pò, perché deve tener conto delle masse Mi degli altri compagni del sistema planetario. Sotto l’ipotesi che le orbite dei pianeti non si influenzino a vicenda, possiamo  sommare i singoli contributi della coppia k (stella ospite, esopianeta), per cui  possiamo applicare la seguente relazione (qui riportata solo per la componente x delle coordinate):

La tecnica delle velocità radiali possiede pregi e difetti: anzitutto gli spettrometri devono essere progettati per raccogliere tanta luce: dato che la quantità di luce che arriva ad un telescopio dipende (anche) dall’inverso del quadrato della distanza, questo vuol dire che più è lontano il sistema planetario, più complicato sarà il sistema di raccolta/elaborazione della luce. Anche per questa metodologia, entra in gioco il fattore tempo: occorre analizzare il fenomeno per più periodi P prima di avere una misura accettabile dal punto di vista sperimentale.

Ad oggi (Aprile 2018), il database http://exoplanet.eu/catalog/ riporta 749 esopianeti scoperti con il metodo delle velocità radiali; cliccando sull’immagine pdf qui sotto c’è la lista completa.

Concludendo, qui sotto si riporta una demo animata che riassume in un video quanto detto sulla tecnica basata sulla velocità radiale.

Il video originale si trova sulla pagina della NASA nella sezione esopianeti: https://exoplanets.nasa.gov/interactable/11/vid/radial_velocity.mp4 

Bibliografia

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