Sin dalla nascita delle prime civiltà, l’osservazione del cielo è stata una delle attività fondamentali dell’uomo; la ricerca di una regolarità dei moti celesti era necessaria per esempio per scandire il tempo, commemorare le festività religiose e per regolare le attività agricole. Le osservazioni (condotte da sacerdoti) erano periodicamente annotate su tavole e costituirono una base per la formulazione delle prime cosmologie; esse erano principalmente basate su figure mitologiche e non avevano alcun rigore scientifico: erano modellate sul mondo che quella civiltà conosceva.
Queste osservazioni diventarono le linee principali delle prime scuole di pensiero della Grecia Antica come quella ad esempio di Anassimandro di Mileto: nel IV sec. a.C. la Terra era considerata una piccola sfera ferma nel centro geometrico di una sfera molto più grande ruotante da est verso ovest che portava le stelle. Il Sole si muoveva nello spazio compreso fra la Terra e la sfera celeste: al di fuori di essi non c’era nulla, né spazio né materia. Gli storici chiamano questo modello Universo a due sfere: uno schema concettuale molto semplice per descrivere un universo eterno ed autosufficiente.
In questo modello le stelle erano dei punti lontani impressi sulla superficie esterna dell’Universo che si spostavano tutte assieme attorno ad un asse fisso ogni 23 h 56 m. L’eclittica era rappresentata da un cerchio massimo della sfera inclinato di 23° 30’ sull’equatore celeste ed il Sole percorreva l’eclittica in direzione est in 365,25 giorni.
Se il Sole e le altre stelle fossero i soli corpi visibili ad occhio nudo l’uomo potrebbe accettare anche l’Universo a due sfere, ma esistono anche i pianeti. Gli antichi astronomi, per conservare ed estendere l’iniziale simmetria sferica, li posero nella regione compresa fra la Terra e le stelle fisse, ma si resero conto che in realtà il loro moto era più complesso, in particolare sono soggetti al moto retrogrado. Questo effetto, che oggi sappiamo essere solo una questione prospettica, fu avanzato da Platone (427 a.C. – 347 a.C.); egli fu tra i primi ad ipotizzare che i pianeti dovevano muoversi come le altre stelle ed i loro moti dovevano derivare da una combinazione di circonferenze percorse in modo uniforme.
Eudosso da Cnido (408 a.C. – 355 a.C.), allievo di Platone, propose come soluzione un modello a sfere omocentriche: vi sono diverse sfere (27) aventi un unico centro di rotazione coincidente con il centro della Terra; una prima sfera induce un moto diurno, un’altra il moto mensile, una terza ed una quarta il moto retrogrado. Questo modello ingegnoso implicava come ipotesi che tutti pianeti fossero sempre alla stessa distanza e non teneva conto delle variazioni di luminosità.
Per ovviare a questo difetto, Apollonio da Perga (262 a.C. – 189 a.C.) introdusse un modello ad epiciclo e deferente: in questo modello i pianeti descrivono un’orbita circolare in modo uniforme (epiciclo) il cui centro descrive a sua volta in modo uniforme un’orbita circolare (deferente) intorno alla Terra. Partendo dalle idee di Eudosso e successivamente da Callippo (che estese il numero di sfere a 35), Aristotele (384 a.C. – 322 a.C.) basandosi su una “fisica” del buon senso e di un ferreo sistema logico, sviluppò il primo sistema del Mondo: un sistema geocentrico e geostatico in cui pose la Terra al centro dell’Universo.
Egli costruì un sistema più complesso composto da 55 sfere materiali in comunicazione fra loro in cui la più esterna comunicava il moto alle inferiori fino alla Luna. Questo modello portò a conseguenze gravi per l’astronomia che sarebbe stata bloccata per molto tempo da assiomi e preconcetti, in particolare:
- il geocentrismo: la Terra è totalmente immobile al centro dell’Universo, il quale tutti i gravi cercano di raggiungere.
- il moto circolare uniforme: viene considerato l’unico possibile per i corpi celesti
Bisogna però fare una considerazione: contrariamente a quanto si possa pensare la concezione a due sfere dell’Universo non fu la sola teoria cosmologica proposta, ma la più accettata. L’idea che la rotazione degli astri potesse essere solo apparente era stata avanzata da diversi scienziati; possiamo ricordare fra questi Pitagora (575 a.C. – 495 a.C.), Democrito (460 a.C. – 360 a.C.), Filolao (470 a.C. – 390 a.C.), Eraclide (385 a.C. – 322 a.C.) ed Aristarco da Samo (310 a.C. e 230 a.C.). Quest’ultimo riuscì a calcolare (in termini di rapporti) la misura della distanza Terra – Luna (59 raggi terrestri) e sviluppò una teoria eliocentrica che attribuiva alla Terra un moto annuo di rivoluzione ed un moto di rotazione diurno attorno ad un asse inclinato rispetto al piano dell’orbita.
Tutti questi modelli però non ebbero successo poiché il senso comune suggeriva il contrario, essi non erano sorretti da argomentazioni credibili ed appoggiate da osservazioni quantitative. L’idea che la terra si potesse muovere sembrava assurda: se la Terra fosse in movimento allora l’aria e gli uccelli che non sono ‘attaccati’ alla Terra dovrebbero essere lasciati indietro.
(continua)
Bibliografia
- La rivoluzione copernicana. L’astronomia planetaria nello sviluppo del pensiero occidentale. Thomas S. Khun. Piccola biblioteca Einaudi.
- Le idee dell’astronomia, come lo studio del cielo ha cambiato il mondo. Mauro Arpino.
- Dal sistema tolemaico alla rivoluzione copernicana. Bonera, Dipartimento di Fisica A. Volta, Università di Pavia.
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