Categoria: Il calendario

La Riforma Gregoriana – parte II

Il mese di settembre 1752 sul mio computer. Si noti il salto di 12 giorni

Per capire perché Lilio introdusse un ciclo di equazioni lunari per correggere le date dei pleniluni occorre fare una piccola digressione sul ciclo di Metone. Sappiamo che una lunazione media dura 29,53058d; visto che nel ciclo di Metone si considerano mesi di durata intera occorre alternare la durata di questi ultimi in 30 giorni (mesi pieni) e 29 giorni (mesi cavi) così da ottenere in media un periodo di 29,5 giorni.

Dato che 29,5 * 12 = 354 (anno lunare) si ha uno sfasamento di 11 giorni all’anno sul calendario solare. Fissata la data del primo plenilunio pasquale (1 a.C) al 5 Aprile giuliano (perché nota) possiamo calcolare tutti i pleniluni successivi semplicemente togliendo 11 giorni (modulo 30) da un anno al successivo ottenendo 25 Marzo, 13 Aprile, 2 Aprile, ….

Al termine dei 19 anni solari si arriva ad ottenere 7 anni di 30 giorni e 12 anni di 12 mesi. Nel vecchio calendario giuliano queste date erano fisse (ed eterne): una volta noto il numero d’oro, ovvero il numero d’ordine all’interno del ciclo di Metone, si ricavava da una tabella il corrispettivo valore di plenilunio pasquale. Nota anche la lettera domenicale, cioè in quali giorni dell’anno cadono le domeniche era possibile calcolare la prima domenica successiva al plenilunio (tutti i dati sono noti: plenilunio, equinozio e sequenza delle domeniche).

Se assegnamo ad A la il primo giorno dell’anno, B il secondo … fino alla G (7 giorni) si dice lettera domenicale quella assegnata alla domenica. Ogni anno, è assegnato ad una lettera domenicale, ad eccezione dei bisestili che ne hanno due un apre Gennaio-Febbraio ed una per Marzo-Dicembre (ad esempio per il 2012 la lettera domenicale è AG).

Il problema è che per passare fra due successivi cicli diciannovennali bisogna considerare che 11 giorni sono un’approssimazione: in realtà la differenza fra anno lunare ed anno solare è di 10,8829 quindi sottraendo 19 volte 10,8829 si ottiene uno scarto di 2,2249 giorni.

Dato che abbiamo aggiunto per 7 volte 30 giorni  si ottiene uno scarto di 30*7-29,53059*7 = 3,2859 giorni.

Complessivamente bisogna apportare una correzione di 2,2249 – 3,2859 = 1,061 giorni. Occorre quindi diminuire di una unità l’ultimo plenilunio del ciclo successivo. Se si fanno i conti si ottiene come ultimo valore del ciclo il 6 Aprile, quindi sottraendo un giorno si torna il 5 Aprile e il cerchio si “chiude” (si ottiene la periodicità dei pleniluni).

Questa correzione si chiama Saltus Lunae. Lo scarto del Saltus Lunae – 0,0608d, se si vuole una maggior precisione – rappresenta la quantità che era sempre stata ignorata prima della riforma gregoriana.

 Per correggere lo scarto del Saltus Lunae che comporta un errore nella definizione delle lunazioni di 1 giorno ogni 2500 anni (oppure 4 ogni 1250 anni), Lilio provvide a correggere questo errore secondo un ciclo periodico di equazioni lunari come da tabella seguente:


18002100240027003000330036003900
43004600490052005500580061006400

Viene riportata solo una parte della tabella in quanto è periodica (7 volte un incremento ogni 300 anni ed un incremento una volta dopo 400 anni).

Ora, ad ognuna di tali correzioni, va aggiunto un giorno all’età della Luna, cioè diminuito di un giorno la data del plenilunio. Ovviamente bisogna tener conto anche della grande e piccola equazione solare (vedi precedente articolo); per il computo complessivo si arriva quindi alla seguente tavola delle equazioni dove Lilio applicò per  il solo anno 1582 la somma di tutte le correzioni antecedenti la riforma (850, 1150, 1450).

Periodo calendarialeDgregoriano – DgiulianoDifferenza nei pleniluni
1582+1010-3=+7

1700+11+8

1800+12+9

1900+13+9

2000+13+9

2100+14+9

La tavola mostra le correzioni all’età della Luna da applicare rispetto alle lunazioni ottenute del calendario giuliano (con ciclo di Metone esatto). Si ottengono così dei periodi calendariali in cui sono valide una serie completa di date dei pleniluni (19 ovviamente) che si ripetono ciclicamente prima di passare alla epoca successiva; per esempio nel periodo calendariale 1582 -1699 sono sempre valide (in maniera ciclica) le 19 date dei pleniluni del calendario giuliano ma con la correzione di 8 giorni, nel periodo calendariale 1700 -1899 sono sempre valide (in maniera ciclica) le 19 date dei pleniluni corrette di 9 giorni (sempre rispetto al calendario giuliano)

Per ottenere la lista dei 19 pleniluni basta in realtà basta conoscere l’età della Luna al 31 Dicembre dell’anno precedente; questo valore si chiama epatta lunare (E).

Quindi all’interno dell’epoca calendariale, nota E (e la lettera domenicale) posso sapere quando cade la Pasqua.

Su periodi lunghi bisogna tener presente che i noviluni possono capitare in un giorno qualsiasi dei 30 a disposizione (periodo di 1 lunazione), quindi complessivamente ci sarà una matrice di epatte di dimensione 19 x 30.

Questo rappresenta il cuore della riforma gregoriana: Lilio compilò una tavola di E per un numero spropositato di anni (più di 300000) in una tavola nota come Tabula expansa epactarum come se volesse mostrare l’affidabilità del suo procedimento ed al tempo stesso poter predire i comportamenti del cielo come se fossero scanditi da un perfetto orologio.

Torniamo a Gregorio XIII: una volta approvata la riforma il Papa emanò la bolla papale “Inter Gravissimas”  il 24 Febbraio 1582 affinché tutta la cristianità la recepisse e la applicasse.

Ovviamente (siamo nel periodo della Contro Riforma) la riforma venne recepita in tempi diversi a seconda dei Paesi: in Italia (solo gli stati cattolici), Spagna e Portogallo la riforma venne applicata immediatamente, negli altri Paesi come Inghilterra, Svezia, Germania ciò avvenne molto più tardi.

L’ultimo paese ad aver aderito alla riforma gregoriana è stata la Turchia nel 1926.

Maggiore il ritardo nell’introduzione del nuovo calendario, maggiore è stato anche il numero di giorni che i governi hanno dovuto inserire per riallinearsi ai Paesi che già lo adottavano, così ad esempio l’Inghilterra che aderì il 2 settembre 1752, dovette  togliere non 10, ma bensì 12 giorni e passare direttamente al 14 Settembre 1752 (come il mio computer!!).

Alcune caratteristiche del calendario gregoriano:

  • Ha una durata media di 365,2425d
  • E’ più lungo dell’anno tropico di circa 26 secondi (0,0003d).
  • Ha un periodo (ciclo) di 400 anni.
  • Ogni ciclo è costituito da 365 · 303 + 366 · 97 = 146097 giorni

Ciò significa che occorrerà metter mano ancora al nostro calendario per riportarlo in fase con il ciclo delle stagioni. In via teorica uno sfasamento di 26 secondi all’anno comporta uno sfasamento di 1 giorno ogni 3323 anni circa, pertanto occorrerà togliere ancora un bisestile ogni 4000 anni (una proposta simile venne avanzata anche da Herschel). Oggi sappiamo che il giorno sta rallentando (la durata del giorno aumenta 0.002d al secolo per effetti mareali) e l’anno tropico sta diminuendo, quindi il calendario gregoriano accumulerà un ritardo di un giorno ogni 2630 anni (lo sfasamento non è lineare), un altro giorno fra altri 1940 ed un terzo giorno fra ancora 1600 anni.

Del fatto che il calendario gregoriano sarà sottoposto a revisione Clavio e Lilio erano consapevoli, tant’è che come abbiamo già detto la riforma è aperta a modifiche, purché si rispetti il principio di secolarità: all’interno del secolo vige la regola del calendario giuliano (1 bisestile ogni 4) e le modifiche vengano effettuale al cambio di secolo.

Ma per queste ultime modifiche ci penseranno i posteri.

Bibliografia (tabelle)

  • Il calendario e l’orologio. Piero Tempesti – Gremese editore.

La Riforma Gregoriana

Per mantenere in fase la data dell’equinozio con il nuovo calendario gregoriano e quindi in fase con le stagioni, era necessario avere una misura dell’anno tropico At; nonostante il “De Revolutionibus” di Copernico fosse già dato alle stampe (1543) e fossero già pubblicate le “Tavole Pruteniche” (1551)  Lilio scelse come valore di riferimento per la durata dell’anno tropico quello riportato nelle Tavole Alfonsine (1252), così chiamate perché compilate sotto il regno di Alfonso X di Castiglia, che si basavano su una cosmologia geocentrica.

Riferimento storico

At

Ipparco (190 a.C. – 120 a.C.)

365,246666667 d

Tavole Alfonsine (1252)

365,242546296 d

Brahe (1546 – 1601)

365,242187 d

Nicolò Copernico

365,2425d

Lilio trovò una  differenza fra At e durata dell’anno giuliano  pari a0,007453703 (= 365,25 – 365,242546296296); ciò corrispondeva ad uno scarto di 1 giorno ogni 134 anni, oppure ovvero 3 giorni in 402 anni. Lilio arrotondò a 400 anni la nuova regola degli anni bisestili e propose di cancellare 3 giorni ogni 400 anni. La decisione di arrotondare a 400 anni come base per il ciclo di intercalazione del calendario gregoriano si rifà ad un principio di secolarità in base al quale venne stabilito che le modifiche (eventuali) all’attuale calendario devono essere apportare al cambiamento di secolo. Tale principio è tuttora valido, in quanto il nostro calendario è aperto a modifiche, in quanto Lilio (e non solo) sapeva che la durata dell’anno tropico rappresenta un numero incommensurabile (non è esprimibile in forma frazionaria) ed ogni calendario che si adoperi all’uso civile deve contenere necessariamente un numero intero di giorni.

Per evitare ogni ulteriore sfasamento quindi si decise che:

  • Ogni anno comune non divisibile per 4 è un anno comune (durata di 365 giorni).
  • Ogni anno comune divisibile per 4 è un anno bisestile (durata di 366 giorni) ad eccezione degli anni del centenario, i quali sono bisestili solo se divisibili per 400.
  • Il giorno bisestile vien trasferito dal 24 Febbraio al 29 Febbraio.

Quindi gli anni 1600 e 200 sono stati bisestili, mentre il 1700, 1800 e 1900 sono stati anni comuni.

Per muovere l’equinozio di primavera dall’11 Marzo al 21 Marzo, occorreva scegliere fra due proposte:

  • Trattenere un bisestile nei primi 40 anni (In totale 40/4=10 giorni).
  • Eliminare 10 giorni subito dal nuovo calendario.

Quest’ultima proposta (avanzata da Cristoforo Clavio) fu quella accettata e prese il nome di grande equazione solare, quindi vennero cancellati 10 giorni in un unico momento. Ma quali giorni? Venne deciso di cancellare i giorni dal 5 Ottobre 1582 al 14 Ottobre 1582 (compresi); si passò quindi da Giovedì 4 Ottobre 1582 a Venerdì 15 Ottobre 1582 (non ci furono salti nei giorni della settimana).

Opera Mathematica – Christophorus Clavius. Si notino i giorni mancanti di Ottobre.

Il motivo per cui si scelse Ottobre come mese da cui togliere i giorni sembra essere di tipo pratico, ovvero si pensava che fosse il mese con il minor neuro di feste religiose. Personalmente mi sono fatto due ipotesi aggiuntive: le modifiche al calendario vennero pubblicate in una bolla papale nel Febbraio del 1582, quindi penso che Papa Gregorio XIII abbia dovuto attendere che la Bolla avesse ottenuto una capillare diffusione in tutta Europa (per lo meno negli stati di religione cattolica…).

Siccome Ugo Boncompagni era di famiglia bolognese ed il 4 Ottobre si festeggia a Bologna il patrono (San Petronio), magari il Papa ha voluto fare un omaggio alla sua città, ma la mia è solo un’ipotesi …

In realtà ai fini pratici, per rimettere in fase il calendario con il ciclo delle stagioni, non era necessario togliere i 10 giorni: una volta alterata l’intercalazione dei bisestili basandosi su un ciclo di 400 anni anziché 4 il calendario sarebbe rimasto in fase con le stagioni; ovviamente l’equinozio non sarebbe più capitato il 21 Marzo ma sarebbe rimasto ancorato al 11 Marzo (stessa data precedente la riforma). Tutto sarebbe stato molto più semplice ma il Papa era preoccupato un problema molto importante: la determinazione della data della Pasqua. Questo problema è alla base di tutta la riforma gregoriana ed in quest’ottica era necessario riallineare il calendario con la data dell’equinozio fissata dal Concilio di Nicea ma non solo ….

Togliendo 10 giorni dal calendario e modificando l’intercalazione dei bisestili viene a modificarsi l’età della Luna rispetto al precedente calendario giuliano; in aggiunta abbiamo accennato poi al problema della retrodatazione dei noviluni.

Anzitutto bisogna tenere presente che la riforma gregoriana altera l’età della Luna come segue:

  • Ogni volta che si “salta” un bisestile (piccola equazione solare)  l’età della Luna diminuisce di 1d.
  • L’eliminazione di 10 giorni (grande equazione solare) i pleniluni si trovarono a cadere 10 giorni dopo.

Il problema della retrodatazione dei noviluni era dovuto ad un errore di calcolo nel ciclo di Metone fino ad allora trascurato e che andava anche esso corretto con la riforma gregoriana. Per risolvere il problema Lilio introdusse un ciclo di equazioni lunari ad intervalli regolari in un periodo di 2500 anni che, unitamente all’eliminazione dei 10 giorni e della eliminazione dei 3 bisestili al cambio di secolo ogni 400 anni, servirono a riportare l’età della Luna “in fase” con il calendario gregoriano.

Si tenga presente che quando parliamo di età della Luna in questo caso si intende l’età del computo, ovvero quella ottenuta considerando le lunazioni di durata variabile alternativamente di 30 giorni e 29 giorni. Dato che la durata media della lunazione è di 29,53058 giorni è necessario approssimare ad un numero intero il mese sinodico e mettere in rapporto una quantità intera di mesi lunari con un numero interi di anni solari. A questo scopo ci viene in aiuto il ciclo di Metone, secondo il quale:

235m sinodici = 19 2h 5m giuliani

Prima della riforma gregoriana, per la compilazione della data della Pasqua Beda, Dionigi ed altri computisti hanno sempre considerato l’espressione sopra riportata come un’eguaglianza esatta (235 lunazioni = 19 anni) ; in realtà c’è uno scarto di 2h 5m giuliani mai considerati, e vedremo fra breve come Lilio corresse questa imprecisione.

(continua)

Verso la riforma gregoriana

Con il passare dei secoli il calendario giuliano ebbe una diffusione enorme in tutta Europa fra tutti gli strati sociali e divenne un punto di rifermento per la vita sociale (come le scadenze), economica (per il lavoro) e religiosa (feste e santi) ma rimase comunque un oggetto di studio, ben sapendo che con gli anni lo sfasamento si sarebbe comunque accumulato data l’incommensurabilità della misura dell’anno tropico (At) e rispetto al valore ottenuto con la riforma di Giulio Cesare.

Giovanni di Sacrobosco ad esempio, un matematico del XIII secolo ed autore di uno dei più diffusi trattati di astronomia medioevale, scrisse nel 1235 un documento dal titolo “De anni ratione” in cui proponeva una modifica al processo di intercalazione degli anni bisestili.

Ruggero Bacone (1210 – 1294) autore del “De reformatione calendari” suggerì a Papa Clemente IV che una riforma era urgente, ma il pontefice morì prima che si potesse intraprendere un’azione. La questione era seria, non tanto per lo sfasamento del ciclo delle stagioni (la differenza di pochi giorni non sono apprezzabili e non influiscono sulla vita sociale), ma bensì per la determinazione della data della Pasqua, la festa mobile più importante per la cristianità; a causa della retrodatazione della data dell’equinozio rischiava di cadere, a lungo andare, in estate.

La Peste Nera che colpì l’Europa nel 1347 e la morte del Regiomontano nel XV secolo non fecero altro che ritardare l’approccio ad una riforma, nonostante molti studiosi di astronomia (e non) quali Niccolò Copernico, Nicola Cusano ed Ignazio Danti continuano a misurare la lunghezza dell’anno tropico cercando di ottenere un  valore più preciso.

All’epoca non si conosceva la variabilità della durata anno tropico, si pensava di ottenere un valore puntuale da prendere come riferimento per il calendario.

Nel 1500 lo sfasamento della data dell’equinozio (fissata il 21 Marzo) rispetto al calendario giuliano (si veda la figura) aveva accumulato una deriva di 12 giorni rispetto all’equinozio dai tempi di Cesare e circa 9 giorni dal concilio di Nicea, così il problema venne affrontato nuovamente al Concilio di Trento (1545 – 1533) ma non venne presa una decisione. Il Concilio mise in luce l’urgenza della riforma in quanto al tempo stesso era in programma anche la riforma del breviario e del messale, cosa che era impossibile attuare su un calendario sfasato.

Dal punto di vista astronomico il calendario giuliano si trovava sfasato su due aspetti:

  1. solare: il vero equinozio cadeva il 11 Marzo anziché il 21 Marzo
  2. lunare: l’età media della Luna era 3 giorni maggiore rispetto al valore predetto dal calendario giuliano

Il 14 Maggio 1572 venne eletto Ugo Boncompagni con il nome di Gregorio XIII, il quale creò una nuova commissione che affrontasse il problema: Tra i membri che ne fecero parte, oltre a religiosi c’erano:

  • Cristoforo Clavio un gesuita ed astronomo tedesco.
  • Luigi Lilio: un medico, matematico ed astronomo calabrese, vero artefice della riforma gregoriana.
  • Ignazio Danti: domenicano, astronomo ed insegnante di matematica a Bologna.

Purtroppo Luigi morì nel 1574, prima di poter vedere il suo applicato i suoi studi, tuttavia il suo lavoro venne presentato da suo fratello Antonio, il quale nel 1576 pubblico il “Compendium novae rationis restituendo Kalendarium” nel quale riassumeva il suo lavoro. Il compendio venne inviato a numerose università per ricevere commenti da parte degli studiosi europei e rappresenta il documento più importante della riforma gregoriana; in particolare vengono messe in evidenza i tre punti di intervento e le soluzioni:

  1. Raccordare il calendario dell’epoca con l’anno tropico ed aggiunta delle intercalazioni per farlo rimanere in fase: grande e piccola equazione solare.
  2. Raccordare la data astronomica della Luna Nuova con il calendario gregoriano: equazione lunare.
  3. Revisione del ciclo di Metone per il calcolo della Pasqua: calcolo dell’epatta lunare e cicli calendariali.

Discuteremo a breve ed in dettaglio i tre punti della riforma gregoriana.

(continua)

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