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La Riforma Gregoriana

Per mantenere in fase la data dell’equinozio con il nuovo calendario gregoriano e quindi in fase con le stagioni, era necessario avere una misura dell’anno tropico At; nonostante il “De Revolutionibus” di Copernico fosse già dato alle stampe (1543) e fossero già pubblicate le “Tavole Pruteniche” (1551)  Lilio scelse come valore di riferimento per la durata dell’anno tropico quello riportato nelle Tavole Alfonsine (1252), così chiamate perché compilate sotto il regno di Alfonso X di Castiglia, che si basavano su una cosmologia geocentrica.

Riferimento storico

At

Ipparco (190 a.C. – 120 a.C.)

365,246666667 d

Tavole Alfonsine (1252)

365,242546296 d

Brahe (1546 – 1601)

365,242187 d

Nicolò Copernico

365,2425d

Lilio trovò una  differenza fra At e durata dell’anno giuliano  pari a0,007453703 (= 365,25 – 365,242546296296); ciò corrispondeva ad uno scarto di 1 giorno ogni 134 anni, oppure ovvero 3 giorni in 402 anni. Lilio arrotondò a 400 anni la nuova regola degli anni bisestili e propose di cancellare 3 giorni ogni 400 anni. La decisione di arrotondare a 400 anni come base per il ciclo di intercalazione del calendario gregoriano si rifà ad un principio di secolarità in base al quale venne stabilito che le modifiche (eventuali) all’attuale calendario devono essere apportare al cambiamento di secolo. Tale principio è tuttora valido, in quanto il nostro calendario è aperto a modifiche, in quanto Lilio (e non solo) sapeva che la durata dell’anno tropico rappresenta un numero incommensurabile (non è esprimibile in forma frazionaria) ed ogni calendario che si adoperi all’uso civile deve contenere necessariamente un numero intero di giorni.

Per evitare ogni ulteriore sfasamento quindi si decise che:

  • Ogni anno comune non divisibile per 4 è un anno comune (durata di 365 giorni).
  • Ogni anno comune divisibile per 4 è un anno bisestile (durata di 366 giorni) ad eccezione degli anni del centenario, i quali sono bisestili solo se divisibili per 400.
  • Il giorno bisestile vien trasferito dal 24 Febbraio al 29 Febbraio.

Quindi gli anni 1600 e 200 sono stati bisestili, mentre il 1700, 1800 e 1900 sono stati anni comuni.

Per muovere l’equinozio di primavera dall’11 Marzo al 21 Marzo, occorreva scegliere fra due proposte:

  • Trattenere un bisestile nei primi 40 anni (In totale 40/4=10 giorni).
  • Eliminare 10 giorni subito dal nuovo calendario.

Quest’ultima proposta (avanzata da Cristoforo Clavio) fu quella accettata e prese il nome di grande equazione solare, quindi vennero cancellati 10 giorni in un unico momento. Ma quali giorni? Venne deciso di cancellare i giorni dal 5 Ottobre 1582 al 14 Ottobre 1582 (compresi); si passò quindi da Giovedì 4 Ottobre 1582 a Venerdì 15 Ottobre 1582 (non ci furono salti nei giorni della settimana).

Opera Mathematica – Christophorus Clavius. Si notino i giorni mancanti di Ottobre.

Il motivo per cui si scelse Ottobre come mese da cui togliere i giorni sembra essere di tipo pratico, ovvero si pensava che fosse il mese con il minor neuro di feste religiose. Personalmente mi sono fatto due ipotesi aggiuntive: le modifiche al calendario vennero pubblicate in una bolla papale nel Febbraio del 1582, quindi penso che Papa Gregorio XIII abbia dovuto attendere che la Bolla avesse ottenuto una capillare diffusione in tutta Europa (per lo meno negli stati di religione cattolica…).

Siccome Ugo Boncompagni era di famiglia bolognese ed il 4 Ottobre si festeggia a Bologna il patrono (San Petronio), magari il Papa ha voluto fare un omaggio alla sua città, ma la mia è solo un’ipotesi …

In realtà ai fini pratici, per rimettere in fase il calendario con il ciclo delle stagioni, non era necessario togliere i 10 giorni: una volta alterata l’intercalazione dei bisestili basandosi su un ciclo di 400 anni anziché 4 il calendario sarebbe rimasto in fase con le stagioni; ovviamente l’equinozio non sarebbe più capitato il 21 Marzo ma sarebbe rimasto ancorato al 11 Marzo (stessa data precedente la riforma). Tutto sarebbe stato molto più semplice ma il Papa era preoccupato un problema molto importante: la determinazione della data della Pasqua. Questo problema è alla base di tutta la riforma gregoriana ed in quest’ottica era necessario riallineare il calendario con la data dell’equinozio fissata dal Concilio di Nicea ma non solo ….

Togliendo 10 giorni dal calendario e modificando l’intercalazione dei bisestili viene a modificarsi l’età della Luna rispetto al precedente calendario giuliano; in aggiunta abbiamo accennato poi al problema della retrodatazione dei noviluni.

Anzitutto bisogna tenere presente che la riforma gregoriana altera l’età della Luna come segue:

  • Ogni volta che si “salta” un bisestile (piccola equazione solare)  l’età della Luna diminuisce di 1d.
  • L’eliminazione di 10 giorni (grande equazione solare) i pleniluni si trovarono a cadere 10 giorni dopo.

Il problema della retrodatazione dei noviluni era dovuto ad un errore di calcolo nel ciclo di Metone fino ad allora trascurato e che andava anche esso corretto con la riforma gregoriana. Per risolvere il problema Lilio introdusse un ciclo di equazioni lunari ad intervalli regolari in un periodo di 2500 anni che, unitamente all’eliminazione dei 10 giorni e della eliminazione dei 3 bisestili al cambio di secolo ogni 400 anni, servirono a riportare l’età della Luna “in fase” con il calendario gregoriano.

Si tenga presente che quando parliamo di età della Luna in questo caso si intende l’età del computo, ovvero quella ottenuta considerando le lunazioni di durata variabile alternativamente di 30 giorni e 29 giorni. Dato che la durata media della lunazione è di 29,53058 giorni è necessario approssimare ad un numero intero il mese sinodico e mettere in rapporto una quantità intera di mesi lunari con un numero interi di anni solari. A questo scopo ci viene in aiuto il ciclo di Metone, secondo il quale:

235m sinodici = 19 2h 5m giuliani

Prima della riforma gregoriana, per la compilazione della data della Pasqua Beda, Dionigi ed altri computisti hanno sempre considerato l’espressione sopra riportata come un’eguaglianza esatta (235 lunazioni = 19 anni) ; in realtà c’è uno scarto di 2h 5m giuliani mai considerati, e vedremo fra breve come Lilio corresse questa imprecisione.

(continua)

Verso la riforma gregoriana

Con il passare dei secoli il calendario giuliano ebbe una diffusione enorme in tutta Europa fra tutti gli strati sociali e divenne un punto di rifermento per la vita sociale (come le scadenze), economica (per il lavoro) e religiosa (feste e santi) ma rimase comunque un oggetto di studio, ben sapendo che con gli anni lo sfasamento si sarebbe comunque accumulato data l’incommensurabilità della misura dell’anno tropico (At) e rispetto al valore ottenuto con la riforma di Giulio Cesare.

Giovanni di Sacrobosco ad esempio, un matematico del XIII secolo ed autore di uno dei più diffusi trattati di astronomia medioevale, scrisse nel 1235 un documento dal titolo “De anni ratione” in cui proponeva una modifica al processo di intercalazione degli anni bisestili.

Ruggero Bacone (1210 – 1294) autore del “De reformatione calendari” suggerì a Papa Clemente IV che una riforma era urgente, ma il pontefice morì prima che si potesse intraprendere un’azione. La questione era seria, non tanto per lo sfasamento del ciclo delle stagioni (la differenza di pochi giorni non sono apprezzabili e non influiscono sulla vita sociale), ma bensì per la determinazione della data della Pasqua, la festa mobile più importante per la cristianità; a causa della retrodatazione della data dell’equinozio rischiava di cadere, a lungo andare, in estate.

La Peste Nera che colpì l’Europa nel 1347 e la morte del Regiomontano nel XV secolo non fecero altro che ritardare l’approccio ad una riforma, nonostante molti studiosi di astronomia (e non) quali Niccolò Copernico, Nicola Cusano ed Ignazio Danti continuano a misurare la lunghezza dell’anno tropico cercando di ottenere un  valore più preciso.

All’epoca non si conosceva la variabilità della durata anno tropico, si pensava di ottenere un valore puntuale da prendere come riferimento per il calendario.

Nel 1500 lo sfasamento della data dell’equinozio (fissata il 21 Marzo) rispetto al calendario giuliano (si veda la figura) aveva accumulato una deriva di 12 giorni rispetto all’equinozio dai tempi di Cesare e circa 9 giorni dal concilio di Nicea, così il problema venne affrontato nuovamente al Concilio di Trento (1545 – 1533) ma non venne presa una decisione. Il Concilio mise in luce l’urgenza della riforma in quanto al tempo stesso era in programma anche la riforma del breviario e del messale, cosa che era impossibile attuare su un calendario sfasato.

Dal punto di vista astronomico il calendario giuliano si trovava sfasato su due aspetti:

  1. solare: il vero equinozio cadeva il 11 Marzo anziché il 21 Marzo
  2. lunare: l’età media della Luna era 3 giorni maggiore rispetto al valore predetto dal calendario giuliano

Il 14 Maggio 1572 venne eletto Ugo Boncompagni con il nome di Gregorio XIII, il quale creò una nuova commissione che affrontasse il problema: Tra i membri che ne fecero parte, oltre a religiosi c’erano:

  • Cristoforo Clavio un gesuita ed astronomo tedesco.
  • Luigi Lilio: un medico, matematico ed astronomo calabrese, vero artefice della riforma gregoriana.
  • Ignazio Danti: domenicano, astronomo ed insegnante di matematica a Bologna.

Purtroppo Luigi morì nel 1574, prima di poter vedere il suo applicato i suoi studi, tuttavia il suo lavoro venne presentato da suo fratello Antonio, il quale nel 1576 pubblico il “Compendium novae rationis restituendo Kalendarium” nel quale riassumeva il suo lavoro. Il compendio venne inviato a numerose università per ricevere commenti da parte degli studiosi europei e rappresenta il documento più importante della riforma gregoriana; in particolare vengono messe in evidenza i tre punti di intervento e le soluzioni:

  1. Raccordare il calendario dell’epoca con l’anno tropico ed aggiunta delle intercalazioni per farlo rimanere in fase: grande e piccola equazione solare.
  2. Raccordare la data astronomica della Luna Nuova con il calendario gregoriano: equazione lunare.
  3. Revisione del ciclo di Metone per il calcolo della Pasqua: calcolo dell’epatta lunare e cicli calendariali.

Discuteremo a breve ed in dettaglio i tre punti della riforma gregoriana.

(continua)

La riforma giuliana

didascalia

Come già discusso in un precedente articolo, la riforma giuliana venne introdotta da Giulio Cesare nel 45 a.C. con i preziosi consigli di Sosigene (il quale si ispirò al calendario di Eudosso) conosciuto durante la campagna di Egitto.

A causa della scarsa conoscenza delle intercalazioni fu necessario riallineare l’inizio del nuovo anno calendariale con l’anno solare, pertanto Cesare inserì due mesi intercalari fra novembre e dicembre di 445 – 365 = 80 giorni per portare il calendario romano in fase con le stagioni.

Riassumendo:

  • 707 a.U.c (47 a.C.) ultimo anno del calendario di Numa Pompilio.
  • 708 a.U.c. (46 a.C.) Ultimus annus confusionis
  • 709 a.U.c. (45 a.C.) Primo anno giuliano completo con 366 giorni con termine a Dicembre.
  • 712, 715, 718, 721, 724 a.U.c. furono anni erroneamente bisestili. Per correggere l’errore Augusto sospese il computo dei bisestili dal 746 al 761 a.U.c.
  • A partire dal 761 – 753 a.U.c. = 8 d.C. si considerano anni bisestili (366 giorni) tutti gli anni divisibili per 4.
  • A partire dal 761 – 753 a.U.c. = 8 d.C. si considerano anni comuni (365 giorni) tutti gli anni che non sono divisibili per 4.

E’ necessario fare una precisazione sulla datazione: con la sigla a.U.c. si intende ab Urbe Condita, ovvero un sistema di conteggio basato sull’anno della fondazione di Roma (21 Aprile 753 a.C), mentre d.C. indica dopo Cristo e fa riferimento alla datazione degli anni introdotta da Dionigi il Piccolo che considera come anno di riferimento la nascita di Cristo.

Ovviamente Dionigi non poteva conoscere l’anno 0 pertanto non lo considerò nei suoi calcoli, mentre oggigiorno gli astronomi (per fortuna) lo considerano; si ottiene così uno sfasamento nella datazione degli anni che rispecchia il seguente schema:

Datazione astronomica-3-2-10123
Datazione di Dionigi4 a.C.3 a.C.2 a.C.1 a.C.1 d.C.2 d.C.3 d.C.

Facciamo ora alcune considerazioni sul calendario giuliano.

  • La durata media dell’anno giuliano è di (365 x 3 + 366) / 4 = 365,25d.
  • La durata media di un mese è di 30,44d
  • E’ ciclico, ha una periodicità di 365 x 4 + 1 =1461d
  • Il 1 Gennaio venne considerato come data del primo giorno dell’anno (capodanno), anche se la regola non venne del tutto recepita nei secoli successivi, in quanto in Europa continuarono ad utilizzare capodanni differenti a seconda dello stile calendariale in uso.

La data dell’equinozio venne fissata, in accordo con la cultura latina, il 25 Marzo e, data la semplicità d’uso, venne adottato dalla Chiesa fin dai primi secoli dell’era cristiana, sul quale vennero inseriti i giorni della settimana.

Grazie alla cultura alessandrina ed alla grande quantità di osservazioni celesti di studiosi quali Ipparco, sappiamo che all’epoca della riforma la durata dell’anno tropico era di 365,2467d, e questo voleva dire uno scarto di 365,25 – 365,2467 = 0,0033d (4m e 45s) ogni anno, oppure che è lo stesso, uno scarto di 1d ogni 303y.

La durata dell’anno tropico oggi vale  365,24219d, quindi lo scarto in realtà era di 11m 12s all’anno, il che comportava uno sfasamento di 365,25 – 365,24219 =  0,00781d, pari a 1d ogni 128y.

Dopo 46y + 325y = 371y lo sfasamento del calendario gregoriano rispetto al ciclo delle stagioni era salito a circa 2,89d. La data 325 d.C. rappresenta l’anno in cui si ebbe il primo Concilio Ecumenico cristiano della storia, il concilio di Nicea con lo scopo di unificare le divergenze dottrinali nelle comunità cristiane, tra le quali il compito di definire il calcolo della data della Pasqua. Dato che la Resurrezione di Cristo che avvenne durante la Pasqua ebraica (Pesha) si basa su una combinazione fra un giorno settimanale (Domenica), un calendario lunare (quello ebraico) e la data dell’equinozio, era necessario avere un calendario il più preciso possibile ed un metodo di calcolo per poter stabilire negli anni a venire tale festività.

Come si vede dalla figura è evidente lo sfasamento fra la data dell’equinozio reale (legata all’anno tropico) e quella del calendario giuliano, quindi, fra le varie decisioni prese durante il Concilio di Nicea, vi fu l’anticipazione della data dell’equinozio dal 25 Marzo al 21 Marzo, come un’implicita ammissione che il calendario giuliano non era più in fase con il ciclo delle stagioni. A questo punto, una volta fissato per sempre il giorno calendariale dell’equinozio, venne stabilito in maniera univoca il giorno della Pasqua come la prima domenica successiva al primo plenilunio di primavera.

Una volta definito per sempre ed immutabile il giorno dell’equinozio è possibile quindi calcolare la data della Pasqua per il calendario giuliano in maniera molto semplice, inoltre dato che ci sono 19 pleniluni all’interno del ciclo di Metone ed il ciclo solare del calendario dura 28 anni, si ottiene, sempre per il calendario giuliano, una periodicità della data della Pasqua di 19 x 28 = 532y.

Il calcolo della Pasqua quindi divenne un’attività da computisti, ovvero da esperti di calcolo calendariale; fra essi si distinsero Beda il Venerabile e Dionigi basandosi su un calendario che dal IV secolo in poi una diffusione enorme in tutta Europa fra tutti gli strati sociali per gli usi più comuni: lavoro, tasse, pagamento dei debiti e quanto altro.

Ovviamente, il fatto di aver riportato la data dell’equinozio al 21 Marzo (data effettiva dell’equinozio al tempo di Nicea) non interruppe il progressivo ma lento sfasamento con il ciclo delle stagioni, tanto da richiedere  in capo a 1000 anni un secondo aggiustamento.

(continua)