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Nuovi Mondi – Introduzione

Onde possiamo stimare che de stelle innumerabili sono altre tante lune,
altre tanti globi terrestri, altre tanti mondi simili a questo;
circa gli quali par che questa terra si volte,
come quelli appaiono rivolgersi ed aggirarsi circa questa terra. 

Giordano Bruno (1548 – 1600) –  Dell’Infinito Universo 

Sono passati piu’ di quattrocento anni da quando Giordano Bruno formulo’ l’ipotesi di esistenza di innumerevoli mondi nel nostro Universo. Non era sicuramente periodo storico ne il contesto culturale adatto, ma anche per questo, pago’ le conseguenze del suo pensiero.

Le rivoluzioni dell’intelletto non sono mai semplici perche’ si scontrano con il pensiero comune, i precetti religiosi, morali e il potere delle autorita’: la storia insegna che ci sono voluti circa 1500 anni per accettare il fatto che la Terra non e’ al centro dell’Universo, ma che rivoluziona intorno ad una stella di media grandezza. Nel XVIII secolo, con il trionfo della meccanica celeste, gli astronomi allargarono la famiglila del Sistema Solare, mentre fino all’inizio del XX secolo si pensava ancora che tutti gli oggetti celesti visibili nel cielo appartenessero ad una sola galassia: la Via Lattea. Successivamente si e’ capito che essa fa parte di una struttura ancora piu’ grande: il Gruppo Locale e cosi’ via … Ogni scoperta ed innovazione ha decostruito vecchie teorie e portato con se’ delle nuove e fatto nascere l’esigenza di creare nuovi settori di studio dell’astronomia; fra questi lo studio degli esopianeti è diventato una branca dell’astronomia fra le più dinamiche ed attuali; la conoscenza ed il numero degli esopianeti cresce di giorno in giorno (piu’ di 3700 a Novembre 2017), ed il loro studio ci consente di dare uno sguardo alla formazione del nostro Sistema Solare.

Facciamo un passo indietro di 25 anni: la prima scoperta indiretta di un esopianeta risale al 1992 per merito dell’astrofisico Aleksander Wolszczan che, con l’aiuto di Dale Frail,  notò un sistema planetario composto da 3 pianeti orbitanti intorno alla pulsar PSR B1257+12. Le pulsar sono un caso particolare di stelle di neutroni, ovvero quello che rimane dopo un’esplosione di Supernova di una stella con massa compresa fra 15 e 30 masse solari (Ms), in cui il disallineamento fra l’asse di rotazione e l’asse magnetico causa un fascio luminoso periodico nella direzione di osservazione (Il periodo del fascio è molto regolare, e varia da millisecondi a qualche secondo).

Bisogna attendere il 1995 per la scoperta del primo esopianeta orbitante intorno ad una stella di sequenza principale (51 Pegasi) al lavoro di Michel Mayor e Didier Queloz: trattasi di 51 Peg b. Esso ha una massa circa metà quella di Giove, si trova molto vicino alla sua stella ospite (molto più vicino di quanto non lo sia Mercurio rispetto al Sole) ed un periodo di rivoluzione in 4 giorni terrestri.

Dopo un inizio in sordina, soprattutto a causa dei dubbi e perplessita’ che aveva la comunita’ scientifica, dal 1992 ad oggi il numero di esopianeti scoperti e confermati e’ stato in continua crescita. Nell’ultimo decennio poi, grazie al lavoro del satellite francese COrOT e della missione Kepler il numero di esopianeti e’ salito a 3704 ed e’ in continua crescita.

Iniziamo con una definizione di pianeta: Nel 2006 la IAU (Internationa Astronomical Union) ne ha dato una definizione basandosi su tre caratteristiche:

  • deve orbitare intorno ad una stella abbastanza grande da assumere un’orbita sferica
  • deve essere in grado di pulire l’orbita lungo la quale si muove.
  • deve avere una forma sferica.

Per completezza, oggetti come Plutone, sono stati declassati a pianeta nano, in quanto al di là di Nettuno sono stati scoperti decine di corpi celesti (anche più grandi di Plutone) che orbitano intorno al Sole ma privi di un’orbita pulita. Conosciamo abbastanza bene le caratteristiche dei pianeti del nostro Sistema Solare da non aver bisogno di aggiungere altro alla definizione sopra descritta. Se vogliamo estendere il concetto ai nuovi mondi scoperti anche solo negli ultimi 10 anni, dobbiamo dare una classificazione che va un po’ piu’ nel dettaglio e tenga conto della casistica che possiamo incontrare, in particolare riguardo la riguardo la massa e dimensioni. Questa ulteriore classificazione non sostituisce la prima (che rimane sempre valida), ma la integra e la completa.

Chi si affaccia per la prima volta alla disciplina dell’astronomia sa (o gli viene insegnato) che la differenza principale fra stella e pianeta e’ che la prima brilla di luce propria, mentre la seconda brilla di luce riflessa.

In termini piu’ precisi diciamo che un esopianeta e’ un corpo celeste che possiede le caratteristiche sopra citate, orbita intorno ad una stella ospite all’esterno del nostro Sistema Solare con una massa insufficiente ad accendere la fusione termonucleare del deuterio (isotopo dell’idrogeno), ovvero inferiore a circa 13 masse gioviane (Mg). Oggetti celesti con massa superiore al limite di fusione del deuterio ma inferiore al limite di fusione dell’idrogeno, vengono chiamate nane brune: dal punto di vista fisico questo implica che le nane brune possiedono una massa inferiore a 80 Mg.

Se indichiamo con Mpianeta la massa del pianeta, Mstella la massa minima di una stella e Mnana bruna  la massa di una nana bruna ed MT la massa della Terra, valgono le seguenti relazioni:

Mpianeta < 13 Mg

13 Mg < Mnana bruna < 80 Mg

80 Mg < Mstella

Al di sotto a 13 Mg abbiamo a che fare con pianeti (come quelli del nostro Sistema Solare) e esopianeti (orbitanti intorno a stelle ospiti di sistemi lontani); a seconda della loro composizione definiamo:

  • Giganti Gassosi (Mpianeta > 1 Mg)
  • Super Terre (da 5 a 10 volte la massa terrestre MT)
  • Pianeti Terrestri (fino a 5 MT)

La caratteristica principale che distingue un pianeta gigante gassoso da uno terrestre è la combinazione massa-densità: tipicamente un pianeta gioviano, oltre ad una massa notevole, ha bassa densità ed è formato in maggioranza da gas e ghiaccio, mentre un pianeta terrestre è molto più denso e tipicamente roccioso.

Una questione ancora aperta è identificare se esiste, e di che tipo, un legame fra la tipologia di esopianeta e la stella ospite; anche se a oggi non abbiamo una teoria che ci dica se esiste una relazione, gli astronomi possono estrarre una statistica dagli innumerevoli dati raccolti dai telescopi spaziali (soprattutto Kepler) e dal grado di metallicità della stella. La metallicità della stella indica la sua composizione chimica, ovvero la quantità percentuale di idrogeno, elio e altri elementi più pesanti (chiamati semplicemente metalli, in astronomia) di cui è costituita la stella. Un secondo probabile fattore da considerare è la quantità di polvere presente nella nebulosa proto-planetaria che ha dato origine ai pianeti, un effetto tuttora difficile da stimare.

Il sito http://exoplanet.eu/diagrams/ presenta un ottimo punto di partenza per chi vuole approfondire l’argomento: si tratta di un database open source che contiene tutti gli esopianeti ad ora scoperti (confermati e candidati), con le loro caratterestiche. Il database e’ navigabile direttamente dal browser, oppure scaricabile offline ed importabile in excel. A partire dal nome dell’esopianeta possiamo conoscere le sue caratteristiche (raggio, distanza, periodo) e quelle della sua stella ospite. Sfogliando il catalogo si notera’ come quasi tutti dei nomi strani, o comunque molto criptici.

L’assegnazione di un nome ad un nuovo esopianeta segue regole stabilite dalla IAU (International Astronomical Union), tuttavia ultimamente (dal 2016), l’organizzazione si è resa un po’ più aperta e consente l’uso di nomi propri in modo da rendere più semplice, immediato e riconoscibile il pianeta e/o il sistema planetario che lo ospita.

La regola utilizzata dalla IAU per assegnare un nome ad un esopianeta, dopo che ovviamente si è avuta la conferma da diverse osservazioni indipendenti, e’ semplice: il primo pianeta scoperto che orbita intorno ad una stella prende il nome della stella ospite con il suffisso b; il nome del secondo pianeta in ordine di scoperta dello stesso sistema planetario avrà il suffisso c. Questo vuol dire che la distanza del pianeta dalla stella non influisce il nome: se intorno una stella XYZ viene individuato un sistema planetario con quattro pianeti in cui dal punto di vista cronologico viene scoperto prima il secondo, poi il terzo, il primo ed infine il quarto, allora a partire dal più interno, i pianeti avrebbero i seguenti nomi: XYZ d, XYZ b, XYZ c, XYZ e. L’uso di nomi più umani per i pianeti non sostituiscono i nomi originali, ma affiancano la denominazione corrente. La scelta dei nomi avviene per concorso e si tende ad accettare nomi che sono rappresentativi delle culture provenienti da tutti e cinque continenti. Ad esempio il sistema PSR 1257+12, possiede tre pianeti gioviani (PSR 1257+12 b, PSR 1257+12 c, PSR 1257+12 d) che si chiamano anche Poltergeist, Hobetor e Draugr.

Infografica che mostra i nomi propri di alcuni esopianeti comunemente accettati Fonte: https://www.iau.org/public/images/detail/iau1514a/

Il pianeta Pegasi 51 b, ospitato nel sistema Pegasi 51, e’ noto anche col nome Dimidium, mentre nel sistema Cancri 55 (Cancri 55 b, Cancri 55 c, Cancri 55 d, Cancri 55 e Cancri f), vengono chiamati più semplicemente Galileo, Brahe, Lippershey, Janssen ed Harriot: decisamente nomi più comuni.

Riferimenti