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Il mezzo interstellare

Contrariamente a quanto si possa pensare, nell’Universo lo spazio presente tra le stelle non è vuoto; esso è riempito da un mezzo veramente rarefatto detto mezzo interstellare. Esso è costituito da abbondanti quantità di gas rarefatto, prevalentemente idrogeno (atomico e molecolare), composti del carbonio (quali grafite), elementi pesanti (molecole d’acqua, silicati) e minuscole particelle solide, detta polvere cosmica (interstellar dust). Queste particelle di polvere hanno dimensione di 0,1 μm e son diffuse in tutto l’universo sotto forma di enormi addensamenti di nubi dal diametro di alcuni anni luce, una densità di 100.000 molecole /cm3; nella Nostra Galassia la polvere costituisce il 10% della sua massa totale e si trova principalmente sul disco galattico.

La scoperta della polvere interstellare è data da Robert Julius Trumpler nel 1930, il quale si occupò di studiare il rapporto fra diametro angolare degli ammassi stellari e la loro distanza da noi. Egli si accorse che la dimensione angolare degli ammassi non diminuiva con il quadrato della distanza, com’era ragionevolmente ipotizzabile a priori. Egli finì quindi che ci doveva essere della materia (polvere) che si frapponeva fra l’ammasso e la linea di vista dell’osservatore.

Perché la polvere interstellare è così importante da studiare? Principalmente perché essa preserva le molecole contenute al loro interno, assorbendo la radiazione UV ed emettendo energia nell’infrarosso; questo causa un raffreddamento per emissione termica che favorisce il processo di formazione stellare, ma non tutte le nubi son candidate a essere delle culle per la nascita di nuove stelle, dipende dalle loro caratteristiche. Per capire meglio il concetto dobbiamo catalogare le nubi interstellari in due regioni differenti:

  • Gas delle regioni HII. Si tratta di nubi che si trovano alla temperatura 104K (in senso termodinamico) perché è eccitato da stelle giovani e calde. In queste regioni non nascono le stelle, questo perché a tali temperature le collisioni sono troppo deboli per eccitare l’idrogeno, mentre possono farlo con altri atomi quali OII, SII, OIII: sono proprio le transizioni dell’ossigeno II ed ossigeno III, i responsabili del colore rosso delle fotografie.

Le stelle non possono nascere in queste regioni perché termodinamicamente aumenta la probabilità che le particelle abbiano velocità di fuga sufficiente per sfuggire al collasso.

  • Gas nelle regioni HI: in queste nubi l’idrogeno è neutro e con temperature comprese fra 20K e 100K; qui la temperatura è molto bassa e qui possono formarsi le stelle. La maggior parte dell’informazione è estratta con misure spettroscopiche nella riga a 21 cm (si ricava dalla serie di Balmer dell’idrogeno).
La nebulosa “Testa di Cavallo” in Orione  Source: Hubblesite.org

Le stelle, infatti, si formano dove esiste una zona di instabilità a maggiore densità che innesca il processo di contrazione dovuto all’attrazione gravitazionale reciproca delle particelle di gas e polvere. Tale processo è favorito dalle basse temperature come quelle delle regioni HI. Inizialmente la polvere, principalmente silicio e grafite, (proviene dalle giganti rosse) si unisce all’ossigeno e poi, per accumulazione elettromagnetica con altri elementi quali Magnesio, potassio e Calcio.

Tutte le stelle si formano per collasso gravitazionale della nube di polvere e gas che originariamente occupava lo spazio destinata ad ospitare la protostella. I meccanismi di collasso sono guidati da almeno due fattori (escludiamo effetti dei campi magnetici) che cercano di prevalere l’uno sull’altro: l’energia potenziale gravitazionale e l’energia cinetica. Solo se l’energia potenziale Ep prevale sull’energia cinetica Ec si avrà il collasso della massa critica e la successiva formazione di una protostella. Con l’aumentare della densità aumenta la stella diventa più opaca alla radiazione ed aumenta la temperatura del nucleo fino ad innescare al suo interno le reazioni di fusione termonucleare.

La nebulosa “Velo del Cigno” Source: Hubblesite.org

I processi di formazione stellare sono ulteriormente facilitati dalle esplosioni delle supernovae, le quali arricchiscono il mezzo interstellare di elementi metallici più pesanti (con numero atomico maggiore del Fe); le loro onde d’urto comprimono i nuclei densi all’interno della nubolosità aumentandone ancor di più la densità favorendo il collasso gravitazionale e la formazione dei globuli di Bok (nubi scure in cui ha inizio il processo di formazione stellare).

Così come per le altre stelle, il Sole non è alieno a questo processo; anch’esso si è formato dalla contrazione per effetto gravitazionale di una nube interstellare di gas e polvere. Per gli astronomi capire la composizione e variazione del mezzo interstellare rappresenta una fase fondamentale per studiare i meccanismi che portano alla formazione delle stelle e del nostro Sistema Solare.