Giorno: 31 Luglio 2016

Spazio e geometria – Parte III

Legge di Hubble

Strutture su larga scala. L’Universo intero è costituito in gran parte da spazio e macro strutture quali ammassi, galassie, … dal punto di vista locale è molto disomogeneo.

Mano a mano che aumentiamo il fattore di scala, la disomogeneità dell’Universo diventa sempre meno evidente, tanto che per dimensioni maggiori di 100-150 Mpc, gli astronomi hanno dimostrato che possiamo considerare con molta buona approssimazione l’Universo omogeneo e assai vuoto: la densità media della materia è meno di un atomo d’idrogeno per m3 e lo spazio rappresenta l’ingrediente principale. Poniamoci ora la stessa domanda: qual è la geometria del nostro Universo? Che proprietà possiede? Sappiamo già dalla Teoria della Relatività che la massa curva lo spazio-tempo, quindi di conseguenza, quando consideriamo sistemi planetari, galassie, super ammassi … anche il nostro universo è localmente curvo, in altre parole non è piatto, ha curvatura positiva ovvero non vale più la geometria euclidea. Possiamo generalizzare questo concetto? La capacità di identificare la geometria dell’Universo (piatta, positiva o negativa) è legata alla quantità di materia totale in esso contenuto.

Torniamo un attimo indietro nel tempo, e precisamente nel 1929, quando Hubble formulò, grazie alle sue osservazioni sulle cefeidi con il telescopio di Monte Wilson, la legge che porta il suo nome. Le ipotesi di base per la validità della legge (empirica) di Hubble sono la presenza di un Universo isotropo ed omogeno:

  • isotropo: significa che il comportamento dell’Universo è uguale in ogni direzione.
  • omogeno: perché non esiste un punto di vista preferenziale dello spazio all’interno del nostro Universo: qualsiasi luogo dell’Universo è staticamente equivalente.

La legge di Hubble dice che:

V = H0 * D

Dove v è la velocità radiale di recessione, H0 è la costante di Hubble e D è la distanza dell’oggetto dall’osservatore. Dal punto di vista storico, la costante di Hubble, a dispetto del nome, cambia nel tempo (grazie a misure di spettrografia più precise). Il più recente e accurato valore di H0 è 67,15 Km/s/Mps.

Legge di Hubble
Legge di Hubble. Fonte: vialattea.net

La legge sancisce che, considerato qualsiasi punto P dell’Universo, le galassie si allontanano da esso in maniera proporzionale di un fattore H0 simmetricamente in ogni direzione. L’effetto recessivo delle galassie viene misurato con analisi dello spettro; si nota infatti che le linee spettrali delle componenti galattiche sono più spostate verso la lunghezza d’onda del rosso, rispetto al caso in cui le galassie abbiano una posizione relativa statica. Questo effetto viene chiamato red-shift e consiste in almeno due componenti:

  • red shift gravitazionale: dovuto al moto proprio delle galassie influenzate dalla galassie vicine.
  • red shift cosmologico: dovuto alla creazione dello spazio tempo nell’Universo e che trascina con esso le galassie, come la trama di un palloncino che si gonfia separa sempre più due punti qualsiasi sulla superficie dello stesso. E’ la causa dell’espansione dell’Universo.

La componente cosmologica è di gran lunga maggiore di quella gravitazionale, che pertanto, per il nostro obiettivo, possiamo trascurare. Dato che la forza di gravità è attrattiva, e il nostro Universo si sta espandendo, la domanda che ci poniamo è la seguente: la quantità di materia dell’Universo (sia barionica che oscura) è sufficiente ad arrestare l’espansione, oppure è troppo poca?

C’è un trait d’union molto importante fra la quantità di materia (o densità) nell’Universo, e tipo di geometria che è stato rilevato da Friedmann (1888 – 1925) nel 1922 – prima ancora che Hubble scoprisse la sua legge – in cui si lega l’espansione dell’Universo con le equazioni della relatività sotto le ipotesi di validità del principio antropico. Friedmann espose come, in funzione della densità critica, si possa determinare la geometria dell’Universo e quindi la sua curvatura. In particolare, definì il valore limite di densità critica:

ρ0 = 3 H02 / (8 * π *G)

come valore di separazione fra uno Universo chiuso o aperto: il valore ρ0 rappresenta un valore limite. Se ci fosse una quantità di materia insufficiente a contrastare la gravità allora l’espansione sarà inarrestabile e il nostro Universo avrà una curvatura negativa. Contrariamente, se ci fosse abbastanza materia a sovrastare la forza gravitazionale l’espansione si arresterebbe e la gravità avrebbe il sopravvento: questo implica che il nostro Universo avrebbe una curvatura positiva. Esiste anche una terza via, ovvero che nell’Universo è presente una quantità di materia in grado di contro bilanciare esattamente la forza di espansione in modo tale che l’espansione decelererà fino ad arrestarsi (in un tempo infinito).

La faccenda si riduce quindi a calcolare Ω = ρ/ρ0, dove ρ rappresenta la densità di materia totale nell’Universo e vedere in quali dei seguenti tre casi ricadiamo:

  • Ω < 1: l’Universo ha curvatura negativa, quindi in una geometria iperbolica.
  • Ω > 1: l’Universo ha curvatura positiva, quindi in una geometria ellittica.
  • Ω = 1: l’Universo è piatto, quindi in una geometria euclidea.

Allo scopo di determinare il valore di ρ, gli astronomi hanno continuato il loro lavoro di esplorazione percorrendo a ritroso nel tempo la storia dell’Universo. Come in un vecchio nastro che si riavvolge per tornare al capo, così gli astronomi fecero per studiare gli istanti iniziali del Big Bang pensando di trovarsi di fronte ad un Universo in decelerazione. Lo studio della radiazione cosmica di fondo (Cosmic Microwave Background Radiation) è stato di basilare importanza per lo studio della forma dell’Universo. Grazie ad esperimenti con palloni aerostatici (BOOMERANG e MAXIMA) e all’utilizzo di missioni satellitari (COBE, WMAP e Planck) abbiamo un’immagine molto definita dell’eco del Big Bang espressa in termini di una radiazione a microonde (pari ad una temperatura di corpo nero a 2,7 K) che permea tutto lo spazio.

Radiazione cosmica di fondo
Radiazione cosmica di fondo. Fonte: en.wikipedia.org

Il fatto interessante è che tutta la quantità di materia che abbiamo oggi nell’Universo è descritta dalla distribuzione di radiazione raccolta dalle sonde quando l’Universo aveva l’età di circa 380.000 anni. Tramite l’analisi delle fluttuazioni dello spettro della radiazione di fondo, è possibile calcolare con precisione:

  • Grandezza delle macchie e fluttuazioni di temperatura
  • Dimensioni angolari e distribuzione delle anisotropie.
  • Effetti di diffusione della luce (gli effetti di scattering).

Tutti questi elementi consentono di giustificare la distribuzione spaziale di materia (e quindi implicitamente la densità di materia) nell’Universo, cioè la curvatura dell’Universo così come lo vediamo oggi.

La CMBR contiene tutte e sole le informazioni di cui hanno bisogno i cosmologi per lo studio della geometri dell’Universo, in particolare il contributo percentuale di ognuno al valore finale di densità di materia complessiva.

Spettro di potenza della CMBR
Spettro di potenza della CMBR. La maggior parte delle zone calde sulla mappa della radiazione di fondo è separata da 1°. I punti rappresentato i dati osservati, la curva continua rappresenta il miglior modello che si adatta ai dati

Gli astrofisici hanno così individuato che l’Universo è costituito da diversi tipi di materia:

  • Materia barionica (quella che si può vedere e toccare, per intenderci): la sua densità ρbar rappresenta circa il 4% della densità totale di materia.
  • Materia oscura: è responsabile dell’esistenza dei grossi ammassi di galassie in termini di coesione gravitazionale. Gli astronomi hanno dedotto che questa rappresenta circa il 30% di tutta la materia (densità ρosc).

Con questi valori di percentuale, manca ancora una frazione notevole di massa per giustificare la quantità totale materia pari a circa 70%. Per trovarla dobbiamo tornare negli anni ’90 quando lo studio di Supernovae Ia rivelò che l’Universo sta accelerando: gli astrofisici hanno messo in relazione la percentuale di densità mancante (ρesp) con la quantità di massa-energia che sta causando l’espansione dell’Universo. Si tratta di una forma di energia non gravitazionale, che gli astronomi suppongono sia legata alla densità di energia del vuoto (ad oggi non abbiamo altre certezze). Possiamo quindi dire che la densità di materia dell’Universo è la somma di tre termini:

ρ = ρbar + ρosc + ρesp

Siccome sono i dati più lontani a disposizione, di conseguenza il potenziale triangolo che potremmo disegnare sarebbe il più grande possibile.

Gli astrofisici, si sono chiesti: qual è la probabilità di trovare due zone calde vicine a una certa distanza? Per rispondere a questa domanda calcolano tutte le possibili coppie di zone calde a tutte le possibili distanze della mappa.

L’angolo misurato dalle missioni spaziali è diverso a seconda della geometria dell’universo. Tutto ciò si ripercuote sul grafico delle fluttuazioni: il picco si sposta verso angoli più piccoli se, per esempio, l’universo è aperto anziché piatto. Il picco si ha intorno a separazioni di 1°: proprio quello che ci aspettiamo in un universo piatto. Ovvero la densità dell’universo è esattamente pari al valore della densità critica ipotizzata dalla teoria della relatività.

Queste analisi hanno portato alla conclusione che viviamo in un Universo la cui densità di materia complessiva ρ è molto vicina al valore critico ρo con una percentuale di errore molto piccola, pari al 2%. Ciò vuol dire un valore di Ω molto vicino a 1: incredibilmente questo valore ci porta alla conseguenza più evidente che ad oggi:

Compatibilmente con gli errori di misura, il nostro Universo è piatto o molto vicino alla piattezza, senza bordi ne confini, con un orizzonte dell’Universo osservabile pari a circa 92,7 miliardi di anni luce (sfera di Hubble), all’interno del quale valgono i teoremi e le preposizioni della geometria euclidea, descritta e studiata già 2300 anni fa da un matematico greco.

Bibliografia

  • Amedeo Balbi: La musica del Big Bang – Springer Edizioni

Spazio e geometria – Parte II

Equazione di campo della Relatività Generale

Strutture su media scala. Quando parliamo di strutture su media scala aumentiamo le dimensioni del nostro orizzonte visivo: questo ci consente di percepire nuovi dettagli ed una migliore visione d’insieme. Consideriamo quindi l’orbita di un pianeta intorno alla propria stella: Keplero nel XVII secolo definì le leggi che governano i moti dei pianeti e Newton, poco dopo, definì la legge di gravitazione universale. Newton la definì come una forza attrattiva a distanza che agisce su tutti i corpi e che, in particolare per il nostro pianeta, lo costringe a orbitare intorno alla propria stella con un’orbita ellittica.

Nel 1915 Albert Einstein formulò la Teoria della Relatività Generale e cambiò il concetto di gravità: la gravità deforma la geometria dello spazio – temporale intorno alla massa ed il pianeta si muove lungo queste deformazioni.Indispensabile per l’elaborazione della teoria fu lo studio del trattato su calcolo differenziale assoluto con coordinate, ovvero sul calcolo tensoriale su una varietà riemanniana, scritto dai matematico italiani Ricci Curbastro (1853 – 1925) e Tullio Levi Civita che fornì un framework in grado di descrivere come spiegare la geometria e la dinamica dei corpi basandosi sul calcolo tensoriale.

Ecco l’equazione di campo della relatività generale:

Equazione di campo della Relatività Generale
Equazione di campo della Relatività Generale

dove G è la costante di gravitazione universale, Rμν è il tensore di curvatura, R la curvatura scalare, Tμν il tensore energia e gμν è il tensore metrico. I tensori sono matrici (4 x 4) in cui sono estese le tre dimensioni spaziali e quella temporale. Rμν descrive la geometria dello spazio-tempo (la metrica) mentre Tμν descrive la distribuzione della massa-energia ed il momento. La formula si può tradurre nella seguente massima di John Wheeler:

La massa dice allo spazio come curvarsi e lo spazio dice alla massa come muoversi.

John Wheeler

La forza di gravità è la manifestazione che la nostra geometria è distorta e qualcuno, o qualcosa, si muove in uno spazio curvo. Anche quando lasciamo cadere un oggetto, esso cade verso il basso attratto dalla forza di gravità e segue una traiettoria che è coerente con la deformazione spazio temporale generato dal campo di gravitazione terrestre.

Ma secondo quale criterio la massa si muove nella curvatura spazio-temporale? Facciamo un passo indietro: su una superficie piana (geometria euclidea) la distanza più corta che unisce due punti è una retta. Questa traiettoria si chiama geodetica ed è il percorso che segue un raggio di luce. In uno spazio curvo, come nei dintorni di una stella (o di un buco nero), la luce percorrerà sempre una geodetica, cioè il percorso più breve, ma relativa alla geometria in cui è immersa. Dal nostro punto di vista la luce percorrerà un tratto curvo nei pressi della massa perché lo spazio viene curvato dalla gravità, ma comunque la luce percorrerà il cammino più breve nello spazio-tempo curvo.

L’eclissi solare del 1919 (quella che confermò sperimentalmente la teoria della relatività generale), dimostrò per esempio che i raggi di luce provenienti dalle stelle occultate dal Sole durante l’eclissi subivano una deflessione gravitazionale e pertanto, le stelle vicino al disco solare apparivano in una posizione più esterna rispetto alla loro posizione originale.

In linea teorica anche Gauss che condusse il suo esperimento avrebbe dovuto osservare una geometria non euclidea, ma siccome il triangolo era costruito su brevi distanze (circa 100 Km) la curvatura dello spazio sarebbe stata molto piccola non rilevabile dagli strumenti di misura. Gauss non poteva condurre esperimenti di curvatura sullo spazio fuori dalla Terra, oggi invece si può: basta andare …. nello spazio.

Supponiamo di misurare la distanza fra due oggetti, ad esempio la distanza Terra e Marte, mandando per esempio un fascio laser verso destinazione e ritorno. Ebbene, proprio a causa della curvatura dello spazio causato dal passaggio dei fotoni nei pressi di una massa, questi ultimi impiegherebbero un tempo superiore rispetto al caso facessero lo stesso percorso in assenza delle due masse (Terra e Marte). I fotoni comunque continuerebbero a percorre una distanza che, nella loro metrica, ed in uno spazio curvo rappresenta la distanza più breve che unisce sorgente e destinazione. Questo effetto si chiama effetto Shapiro, e prende il nome dall’astronomo Irwin Shapiro (1929) che l’ha scoperto a metà degli anni ’60. Più recentemente, nel 2004, la NASA lanciò il satellite Gravity Probe B allo scopo di misurare la curvatura spazio-temporale causata dalla Terra. Il satellite orbitava ad un’altezza di 650 Km e portava con sé quattro giroscopi a forma perfettamente sferica ed un telescopio di puntamento (per misure di riferimento). Grazie alla misura della variazione della direzione di puntamento dei giroscopi rispetto a dei punti di riferimento stellari fissi, la strumentazione fu in grado di verificare con estrema sensibilità:

  • L’effetto geodetico: di quanto la Terra altera lo spazio tempo in cui è immersa.
  • L’effetto frame – dragging: di quanto la rotazione terrestre trascina e torce il suo spazio tempo intorno a se durante il suo movimento di rotazione.

I risultati della missione erano in accordo con la teoria di Einstein. La geometria che nasce dall’applicazione della Relatività Generale funziona molto bene su strutture come il nostro Sistema Solare, ma se vogliamo generalizzare e capire la struttura della geometria del nostro universo allora dobbiamo introdurre nuovi concetti di cosmologia, ovvero la scienza che studia l’Universo nel suo complesso

(continua).

Bibliografia e immagini

Spazio e geometria – Parte I

Frammento del secondo libro de “Gli Elementi” – Proposizione 5

Cosa possiamo dire della forma dello spazio intorno a noi? Quali fattori influenzano la geometria dello spazio del nostro Universo?

Il problema I nostri concetti di geometria ‘classica’, ci riportano a quello che ci hanno insegnato a scuola su rette, triangoli, poligoni e si basa su cinque postulati.

  • Per due punti passa una e una sola retta.
  • Una linea retta può essere prolungata a piacere.
  • Dato un punto e una lunghezza R è possibile descrivere un cerchio avente come centro il punto e come raggio R.
  • Tutti gli angoli retti son tra loro uguali.
  • Data una retta e un punto esterno a essa passa una ed una sola retta parallela a quella data.

 

Frammento del secondo libro de “Gli Elementi” – Proposizione 5
Frammento del secondo libro de “Gli Elementi” – Proposizione 5 – Fonte: • http://www.math.ubc.ca/~cass/Euclid/papyrus/papyrus.html

Questo tipo di geometria si chiama euclidea perché studiata da Euclide (nel III secolo a.C.) è descritta ne ‘Gli Elementi’, uno dei libri più tradotti al mondo, e su basa su questi postulati. Per molto tempo i più noti matematici si sono chiesti se il quinto postulato fosse indipendente dagli altri quattro, oppure fosse superfluo e quindi dimostrabile dagli altri quattro. Nel XXVIII secolo, Lobacevskij e Bolyai, nella ricerca di una dimostrazione mostrarono che cambiando l’ultimo postulato, potevano nascere geometrie alternative e consistenti ugualmente valide; essi modificarono così il quinto postulato come segue:

  • Data una retta e un punto esterno ad essa, passano almeno due (infinite) rette parallele a quella data, e posero le basi della geometria iperbolica.

In seguito Riemann nel XIX secolo, costruì una terza geometria modificando invece il V postulato come segue:

  • Data una retta e un punto esterno ad essa, non esistono rette parallela a quella data e creò gettò le basi della geometria ellittica.

Una conseguenza diretta nella scelta della geometria è la seguente: nella geometria euclidea la somma degli angoli interni di un triangolo è 180°, nella geometria ellittica è maggiore di 180° e nella geometria iperbolica è minore di 180°.

 

Differenti tipi di geometrie
Differenti tipi di geometrie in 2D

La figura precedente mostra un esempio per tre tipi di geometria in uno spazio bidimensionale: ovviamente (la cosa piace molto ai matematici) il problema si può generalizzare in uno spazio N-dimensionale e la superficie corrispondente si chiama varietà di Riemann. Una geometria euclidea in particolare è una varietà piatta, una geometria iperbolica è una varietà a curvatura negativa ed infine una geometria ellittica è una varietà a curvatura positiva. Capire quindi in che tipo di geometria siamo immersi, ovvero che geometria può descrivere meglio lo spazio in cui viviamo, ha quindi conseguenze dirette su tutto ciò che ci circonda e sui fenomeni che accadono nell’Universo.

Il problema: Lo spazio in cui viviamo, in cui giace il Sistema Solare, la nostra Galassia è piatto o curvo? E il nostro Universo invece? Per affrontare il problema dobbiamo definire tre livelli di analisi in cui ognuno di questi può considerarsi il caso particolare della struttura più grande che lo contiene:

  • Strutture del nostro Universo su piccola scala.
  • Strutture del nostro Universo su media scala.
  • Strutture del nostro Universo su grande scala.

Sappiamo tutti che, nonostante la Terra sia sferica, essa può apparire localmente piatta nell’intorno ad un abitante sulla sua superficie proprio perché le sue dimensioni sono molto maggiori dell’osservatore. Se saliamo di dimensione però (aumentiamo la scala) notiamo invece che la Terra ha una superficie a curvatura positiva.

Esperimento di Gauss sulla curvatura dello spazio
Esperimento di Gauss sulla curvatura dello spazio

Strutture su piccola scala Friedrich Gauss (1777 – 1855), prolifico matematico tedesco, nel 1830 fu il primo a cercare di capire se, lo spazio in cui viviamo, è affetto da curvatura. Per questo motivo si recò su un monte e fece una misura di triangolazione con altre due sommità molto distanti (circa 100 Km) in linea di visibilità. L’idea di base è la stessa spiegata in precedenza: se siamo immersi in uno spazio euclideo allora la somma degli angoli interni del triangolo che ha per vertici le tre sommità delle montagne è 180°. In linea di principio l’esperimento è logicamente corretto; le sue misurazioni riportarono un valore di 180°; tuttavia non poté dedurre nulla, in quanto le sue misurazioni erano affette da errori dovute sia ad imprecisioni che a strumenti di misura.

(continua)

 

Bibliografia e immagini